Il Linguaggio Segreto dei Bambini
I bambini, come anche gli adulti, hanno un linguaggio segreto.
Ed è tanto più importante conoscerlo e scoprirlo quanto meno hanno conquistato la capacità di parlare.
È un linguaggio fatto di sguardi, fatto di vocalizzi, fatto di movimenti, di pianto, di diversi tipi di pianto, fatto di movimenti del corpo.
Ed è un linguaggio che più che essere ascoltato con le orecchie, va osservato; va osservato soprattutto con gli occhi e poi anche con tutti gli altri sensi, con il cuore prima di tutto.
Noi non pensiamo mai che un bambino possa capire le cose che diciamo, soprattutto se è un bambino molto piccolo; in realtà i bambini capiscono tutto, sentono tutto, e soprattutto sentono le nostre emozioni.
I bambini anche ricordano, ricordano gli eventi che sono stati magari esperienze un po’ difficili per la mamma, per il papà, per loro stessi. Una caduta, uno spavento. Ce li hanno scritti nel corpo.
Ecco, queste cose rimangono nel loro corpo e continuano poi ad esprimersi attraverso questo linguaggio segreto, questo linguaggio misterioso, che io chiamo così solo perché ancora non è palesato, ancora non è conosciuto dalla maggior parte delle persone.
Qualcuno lo chiama Baby Body Language, e ci sono tanti studi rispetto a questo, molto interessanti.
Quindi ricordiamoci per esempio che i bambini possono capire molte cose e possiamo, anzi dobbiamo spiegare loro le cose che sono successe e che sono state un po’ traumatiche, che ci hanno spaventato e in cui loro erano presenti, o che sono successe a loro.
Anche se un bambino ha un anno, anche se ha pochi mesi, possiamo comunque raccontare a loro: “Ti ricordi quella volta che è successo questo? Ti ricordi quando sei caduto dal letto? Ti ricordi quando è venuta l’ambulanza e siamo andati dal dottore perché tu avevi…. C’era molto sangue! La mamma si era tanto spaventata, anche tu ti eri tanto spaventato vero? Ti ricordi? Adesso è passato hai visto? Adesso stai bene, è tutto finito.”
Questa cosa serve al bambino per aiutarlo a elaborare, aiutarlo a metabolizzare l’accaduto. Lo si aiuta anche a capire che adesso è finita, che non è più in pericolo, che adesso può stare tranquillo.
E in questo modo lo aiutiamo a elaborare un’esperienza difficile e emotivamente complicata e aiutiamo il suo sistema nervoso a sentire che può rilassarsi, perché spesso il problema delle esperienze difficili è proprio quello. Il sistema nervoso rimane in allerta, con tante conseguenze per la persona che si esprimono sotto forma di stress, somatizzazioni, rigidità e comunque disagio psicofisico.
Come quando a noi succede un incidente per esempio, in macchina, oppure veniamo borseggiati per la strada. Cosa facciamo noi adulti? Spesso raccontiamo l’accaduto alle persone che conosciamo, raccontiamo, raccontiamo, perché fare questo ci aiuta a scaricare l’evento, a metterlo fuori da noi, tutte le esperienze e le emozioni difficili che ci ha fatto vivere; raccontare ci aiuta a metterlo fuori da noi, fuori dal nostro corpo, fuori dal nostro cuore.
Per un bambino che non parla questa cosa non è possibile, e quindi siamo noi adulti che dobbiamo aiutarlo a tirare fuori dal suo corpo l’accaduto, a tirare fuori dal suo corpo le emozioni che sono rimaste nei muscoli, nelle cellule.
Anche quando il bimbo è ancora nell’utero, c’è qualcosa in lui che si rilassa, se gli si parla con dolcezza.
Un evento che sicuramente fa parte delle esperienze difficili di un bambino è quello della nascita.
Sarebbe molto utile e importante iniziare fin dai primi giorni a raccontare al bambino “La storia di come sei nato”. Proprio perché è un’esperienza molto intensa e ricca di emozioni ha bisogno di essere raccontata, c’è bisogno di far sentire al bebè che ce l’ha fatta, che lui e la mamma insieme ce l’hanno fatta!
Ma raccontare questo potrebbe essere non facile se anche il genitore è ancora emotivamente attivato dall’accaduto e non ha ancora integrato l’esperienza.
Allora è importante che la madre soprattutto e i genitori in generale si prendano cura di loro stessi per poter essere sereni nell’aiutare anche il bambino a metabolizzare l’accaduto.
Qui sotto puoi trovare una storia che può aiutarti a raccontare la nascita ai tuoi bambini
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Risvegli notturni e pianti di memoria.
Forse non tutti sanno che i bambini possono esprimere la fatica che hanno vissuto durante la loro nascita attraverso pianti inconsolabili, urla e difficoltà a dormire.
E’ molto frequente che capiti questo perché l’esperienza della nascita è molto impegnativa e ricca di forti emozioni e accende tutto l’organismo e il sistema nervoso nel mettere in campo strategie di sopravvivenza.
Tutto questo rimane nell’organismo e, una volta passata la paura, l’energia accumulata ha bisogno di essere scaricata e l’esperienza metabolizzata.
Ecco che poi di notte, quando tutto è più silenzioso, quando la voce della mamma non si sente e la stanchezza prende il sopravvento, ecco che il corpo del bambino “ricorda” la paura vissuta e il piccolo si sveglia di soprassalto in preda a un pianto inconsolabile.
E’ il pianto di memoria che ben si differenzia da un pianto di bisogno, il quale si placa quando il bisogno viene soddisfatto.
“Il pianto che esprime una memoria avviene quando il bambino ha sensazioni e immagini che sono relative alle sue esperienze precedenti, come i momenti durante la nascita in cui si è sentito sopraffatto. Questo pianto si associa a movimenti corporei ripetitivi: spingere freneticamente con le gambe, grattare e sfregare continuamente una parte della testa, o il tirare ripetutamente un orecchio.”
E’ nella mia esperienza di pedagogista inoltre che i bambini possono esprimere la difficoltà delle esperienze che hanno vissuto anche nel rifiutare tutto quello che riguarda la cura del corpo, dal cambio del pannolino al bagnetto, all’essere vestiti o svestiti. Come se la “manipolazione del corpo” riportasse a loro la memoria di quanto è stato difficile nascere.
E’ possibile aiutare questi bambini attraverso degli incontri volti a osservare il linguaggio non verbale del bambino e con giochi corporei e racconti aiutarli a superare le esperienze difficili vissute. Questo lavoro lo si fa in presenza della madre (e se lo si desidera anche del padre) proprio perché l’esperienza della nascita è stata vissuta insieme e li si aiuta a ristabilire quella sintonizzazione e quell’armonia che a volte un’esperienza traumatica ha reso un po’ più difficile.
Questo lavoro porta il bambino a rasserenarsi, i genitori acquistano fiducia in se stessi e tutto il sistema famigliare reagisce instaurando una dinamica virtuosa che migliora le relazioni tra tutti i membri.
C’è bisogno di elaborare che è stato difficile, in alcuni momenti spaventante, ma che adesso è tutto passato, adesso inizia una nuova avventura con la mamma e il papà accanto e, in un momento calmo e tranquillo, far notare al bebè come si sta bene e al sicuro adesso, che sia lui che la mamma sono stati degli eroi!
Queste sono solo delle piccole suggestioni ma mi auguro che sempre più adulti possano comprendere questo linguaggio segreto dei bambini, possano comprendere che è importante realizzare che i bambini sono molto di più di quello che noi pensiamo, capiscono molto di più di quello che noi crediamo possano capire, e soprattutto ci ascoltano.
Allora buoni racconti a tutti.
Dott.ssa Romina Gabanini
L’esperienza del “gemello scomparso” – Romina Gabanini
29 Aprile 2021 @ 17:41
[…] e che piangono inconsolabilmente. (a questo proposito puoi approfondire leggendo l’articolo “Il linguaggio segreto dei bambini” e “Le impronte di […]