Ipersensibilità, adolescenti e tecnologia
Oggi grazie a una coppia di genitori che ho incontrato ho compreso quanto in realtà la tecnologia e il modo che hanno i giovani di comunicare tramite whatsapp e messaggeria varia abbia un senso che ancora non avevo capito.
Mi succede sempre più spesso di incontrare genitori che hanno difficoltà con i figli, vuoi perché questi ultimi siano molto arrabbiati o al contrario molto svogliati e insicuri, a volte entrambe le cose insieme.
C’è una generazione di giovani Anime che è molto sensibile, emotiva, che è venuta probabilmente a portare nuove consapevolezze a tutto il genere umano, a farci conoscere meglio il mondo delle emozioni.
Per loro (e i loro genitori) non è facile in questa società.
Non c’è scuola o alfabetizzazione per il piano emozionale, la scuola come istituzione non se ne cura e gli adulti di oggi non hanno ancora gli strumenti per sapersi orientare.
Ma i bambini e i ragazzi portano la loro emotività nelle famiglie e nelle classi, nella vita.
Parlare e comunicare con loro spesso diventa complicato perché tutto il movimento emotivo si fa sentire e noi non sappiamo come prenderli, cosa dire, i toni si alzano e spesso loro si chiudono.
Questa mamma di oggi poi mi ha detto che a volte succede che, scrivendosi tramite un messaggino, lei e suo figlio riescono a dirsi cose che a quattr’occhi sarebbe più difficile, quasi impossibile.
E allora ecco! Ecco perché si sta sviluppando così prepotentemente la tecnologia.
Attraverso un messaggio l’attivazione emotiva rimane più soft e riusciamo a dirci anche le cose più scomode, parole che in presenza farebbero fatica ad uscire.
I giovani ipersensibili attraverso un messaggio riescono a mantenere la giusta distanza che serve loro per esprimersi.
Faccia a faccia con un genitore l’emotività sale troppo, i figli sentono l’emozione del genitore salire, percepiscono il non verbale, l’agitazione o la preoccupazione dell’adulto e a loro volta ne vengono coinvolti attivando dentro se stessi un mix di sensazioni ed emozioni alle quali non riescono a stare presenti.
Allora si chiudono in camera, dicono “tu non capisci”, lasciano perdere preferiscono mettere tutto a tacere.
Le emozioni che si attivano creano un’energia potente che loro stessi non conoscono, ne hanno timore e non sanno come gestire. Ne escono alti toni o sconforto e frustrazione.
Le ragazze e i ragazzi ipersensibili hanno bisogno di toni dolci e pacati, di comprensione, di rimandi puliti su quello che succede dentro di loro.
Tuttavia, per via del fatto che anche i genitori non sono stati educati al mondo delle emozioni, succede che questo non sia possibile nella maggioranza dei casi.
E allora ecco che un cellulare, il tanto biasimato whatsapp, possono acquistare un ruolo importante.
Il ruolo di mediatore.
Maggiormente in contatto con se stessi, ognuno può esprimere con più amorevolezza quello che pensa o che sente.
Non si deve rispondere subito, ognuno può prendersi i suoi tempi, posso lasciar sedimentare le parole ricevute e rispondere dopo averle digerite.
Vi ricordo che una persona ipersensibile è una persona che sente tanto e sente tutto.
Le proprie emozioni e quelle degli altri, le energie che sono nell’aria, del periodo storico, della luna e dei pianeti.
La persona ipersensibile ha bisogno di tempi più lenti per elaborare e metabolizzare le esperienze, e spesso non ha una buona opinione di sé in quanto nella nostra società questo è visto come una mancanza.
La mancanza di essere efficienti, responsivi e produttivi.
L’intelligenza emotiva non ha luoghi in cui viene insegnata e sviluppata, se non in pochi casi. Abbiamo ancora un’educazione vecchia che non tiene conto della sensibilità umana, che chiede ai bambini e ai giovani di essere bravi, ubbidienti, un’educazione che crede nei capricci e nelle punizioni, che non tiene conto della molteplicità di doti e talenti di ognuno. A scuola tutti fanno la stessa cosa, e devono raggiungere gli stessi obiettivi.
Qualcuno si adatta, a volte anche a caro prezzo, qualcuno proprio non ci sta.
Sono molto empatici, ma a discapito della “moda” con cui tanto si tira in ballo l’empatia in questo momento, non è così facile esserlo.
Se non si conosce abbastanza se stessi, se non si è sufficientemente centrati sulle proprie sensazioni, è fin troppo facile mescolare il proprio sentire a quello dell’altro e dell’ambiente in cui ci si trova.
Questo ve lo dice un’empatica che per lungo tempo ha creduto di essere strana, complicata, diversa.
Fino a quando ha incontrato se stessa e persone che l’hanno aiutata a comprendersi e a comprendere che tutto questo è un dono.
Perciò ringrazio profondamente chi incontro ogni giorno e mi mette in contatto con nuove consapevolezze.
È importante che siano proprio i genitori che inizino ad ascoltare se stessi e il mondo emotivo in modo che possano andare incontro ai loro figli con presenza.
In questo modo come in una cascata aiuteranno i loro figli, a valle, a fare lo stesso con se stessi.
Dott.ssa Romina Gabanini